Nel Marzo del 1945 la presenza di reparti di Russi coscritti nell’esercito Tedesco aumentò particolarmente nella zona della riva destra dell’Enza, causando molti disagi alla popolazione civile, ostacolando le azioni dei Partigiani e ringalluzzito i fascisti, che imperversavano senza sosta sul territorio. le attività della 76a Brigata S.A.P (Squadra Azione Patriottica) erano state fortemente limitate e il morale era basso. Il Comando Provinciale S.A.P., una volta partite le forze dei Tedeschi, decise di risolvere la situazione con un attacco coordinato contro tutti i presidi della G.N.R. (Guardia Nazionale Repubblicana) della zona, azione mai tentata prima.
5 distaccamenti di Sappisti, alcune formazione dei G.A.P (Gruppo Azione patrittica) e diverse squadre appartenenti al IV, V e VI Battaglione della 144a Brigata Garibaldi, in totale 230 partigiani, parteciparano a questa complessa operazione, riuscendo a mantenere la segretezza più assoluta e raggiungendo le zone loro assegnate senza problemi e senza essere scoperti.
la sera del 19 marzo tutto era pronto. Furono istituiti posti di blocco per impedire l’affluire di rinforzi da Reggio Emilia, le linee telefoniche vennero interrotte e postazioni armate posizione in luoghi strategici. Il piano prevedeva che alcuni sabotatori aprissero delle brecce nelle mura dei presidi per costringere i fascisti all’interno ad arrendersi per poi distruggere gli edifici.
A Codemondo gappisti e Sappisti circondarono l’edificio e, no visto, il sabotatore riusci a posizionare una bomba e farla detonare ma l’esplosione non aprì una breccia, anche se danneggiò gravemente l’edificio. Immediatamente i militi cominciarono a sparare, subito seguiti dai partigiani, e un lungo scontro a fuoco seguì. Alla fine i militi rifiutarono la resa ma promisero che il mattino seguente avrebbero abbandonato il posto.
A Cavriago i militi messi in allarme dagli spari uditi a Codemondo, la quale azione era iniziata con qualche minuto di anticipo, aprirono il fuoco e una violenta scaramuccia ne segui. Gli attaccanti fecero detonare il loro esplosivo ma anche qui non sortì gli effetti sperati. alle ore 1 e 20, come concordato, i Partigiani sospesero l’attacco.
A Monteccchio invece il piano prevedeva di irrompere all’interno del presidio di sorpresa attraverso una finestra. La scala venne collocata ma mentre i Partigiani si accingevano a salire vennero avvistati dai militi e questi aprirono il fuoco. Nè scaturì un combattimento dove i Partigiani lamentarono 3 feriti e furono costretti a ritirarsi per la perdita dell’effetto sorpresa.
Anche a Bibbiano la sorpresa non riuscì. Mentre i Partigiani si avvicinavano alla caserma si scontrarono con una pattuglia proveniente dalla stessa. Questa e i Garibaldini si scambiarono le parole d’ordine e, ottenute risposte contrastanti, ne scaturì un ulteriore scontro a fuoco che costò la vita a un sottoufficiale; i restanti fascisti rientrarono immediatamente nella caserma e subito si misero a sparare verso i partigiani con tutto quello che avevano, i Partigiani risposero con un volume di fuoco ancora maggiore e una piccola battaglia scoppiò. Non si riuscì a posizionare l’ordigno e l’attacco venne sospeso. il bilancio finale fu di 3 feriti per i Partigiani; 2 morti e 4 feriti tra i militi.
L’operazione, nonostante il fallimento dimostrò la vulnerabilità dei presidi e la capacità dei partigiani di pianificare operazioni congiunte e complesse nella più assoluta segretezza, infliggendo un duro colpo al morale dei fascisti, oltre ad attestare l’incapacità di spedire rinforzi con tempestività. Con queste operazioni divenne evidente come il regime fosse ormai un fantasma del passato, incapace di controllare il proprio territorio e militarmente dipendente dai Tedeschi.
Gappisti il giorno della Liberazione
Riferimenti:
Storia della resistenza Reggiana, Guerrino Franzini, Reggio Emilia, 2015