Alla vigilia della commemorazione, nella nostra città, del 219° anniversario della nascita del Tricolore, merita ricordare il ruolo avuto dall’ANPI reggiana, e dal suo primo Segretario Didimo Ferrari, Eros, fin dall’immediato post Liberazione, nel proporre il 7 gennaio come solennità nazionale.
Nel corso della recente commemorazione del 72° anniversario della fucilazione dei sette fratelli Cervi e di Quarto Camurri, tutti gli oratori hanno sottolineato come la Resistenza, quella dei Cervi e delle migliaia di partigiani reggiani, abbia contribuito alla riscoperta del senso di Patria, di una nuova Patria, già all’indomani dell’8 settembre ’43.
Riscoperta evidenziata anche nelle parole scritte da resistenti come il generale Dardano Fenulli, nelle sue pagine di diario del settembre ’43, o come il soldato povigliese (caduto da partigiano in Jugoslavia, ottobre 1943)Tonino Montanarini, nelle lettere ai familiari dopo il 25 luglio ’43.
Concetti e sentimenti ben esplicitati da Valdo Magnani, già partigiano in Jugoslavia, segretario dei comunisti reggiani fino al 1951, su “Il Nuovo Risorgimento” (5 gennaio 1947) organo delle Associazioni partigiani, reduci e combattenti, diretto da Didimo Ferrari Eros.
Si era alla vigilia del 150° del Tricolore , solennemente commemorato a Reggio alla presenza del Capo dello Stato Enrico De Nicola.
“Molti italiani [ … ]” – scriveva Magnani – sono stati mandati a combattere, fuori dal territorio della patria[…..] L’amarezza che viveva in loro diventava impeto di commozione quando vedevano sventolare il Tricolore…Era però anche un senso di insofferenza [ … ] poiché esso, di fianco alla bandiera della croce uncinata, stava a rappresentare, di fronte ad altri popoli, oppressione, dominio della violenza [……. ]. Oggi i combattenti, i partigiani i reduci festeggiano, con tutto il popolo, il 150° [….] C’è un senso nuovo, per le nostre generazioni, in questa celebrazione ….Il nostro Tricolore repubblicano non ci è stato regalato da nessuno, il popolo lo ha conquistato. E i combattenti, avanguardia di esso nella sua lotta, si sentono finalmente uniti con la Nazione”.
Il direttore di “Nuovo Risorgimento” Eros, nel fondo di prima pagina, in sintonia con Valdo Magnani scriveva tra l’altro:”Crediamo che il contributo dato alla lotta di liberazione ci abbia resi degni degli antesignani della Repubblica Cispadana. Abbiamo voluto dimostrare che Reggio, nel secondo Risorgimento, è ancora animatrice d’Italia”. E ancora:“il Tricolore italiano è stato purificato dalle brutture e delitti di cui l’avevano coperto i fascisti e rialzato maestoso dalle masse lavoratrici insorte perché esso ridiventi simbolo di indipendenza, di libertà, di fratellanza”.
Lo stesso Eros, Commissario generale delle formazioni partigiane di Reggio, carismatico segretario dell’ANPI, annotava due mesi dopo (4 marzo ’47) nel proprio Diario (“RS”, n.64/66, 1990): “Il Presidente della Costituente [Umberto Terracini, NdR] mi ha risposto che appoggerà la richiesta fatta per stabilire che il 7 gennaio sia considerata solennità civile e Giornata del Tricolore. Pure l’ex Prefetto Foti (da Napoli) mi ha scritto una lettera amichevole e di ammirazione per il contegno dei partigiani reggiani”.
C’è stato dunque un ruolo importante di Eros nella valorizzazione del 7 gennaio a livello nazionale, scrivendo personalmente al suo ex compagno di confino Terracini ( “colpevole”, come Eros, di appartenenza al Partito comunista). Anche se, nonostante l’appoggio di Terracini, sarà soltanto quasi mezzo secolo dopo, nel dicembre 1996, che, con una legge del Parlamento si approderà alla proclamazione del 7 gennaio Festa del Tricolore.
Sono brandelli di memoria che val la pena di riportare all’attenzione. In particolare mi sembra atto di giustizia ricordare la figura di Didimo Ferrari, troppo spesso dimenticata, o – peggio – confinata ad una memoria acriticamente negativa.
Eros è nato nel 1912 in Francia, a Metz, da genitori emigrati. Orfano del padre, caduto sul Carso nel 1916, a soli 11 anni, tolto dalla scuola, dovette lavorare come “servitore” contadino per contribuire al sostentamento delle due sorelline più piccole. Bracciante agricolo, dal 1931 fa parte di una cellula clandestina comunista a Campegine. Dal 1934, per la sua attività “sovversiva” ( compresa la biblioteca in cui ebbe parte anche Aldo Cervi), trascorse gli anni della giovinezza tra carcere e confino. Liberato nell’agosto 1943, riprese contato con i compagni fino ad assumere il ruolo di Commissario generale delle formazioni partigiane reggiane. Nei primi anni del dopoguerra fu una figura di primo piano nel processo di avvio della Ricostruzione democratica. Dopo dolorose traversie nelle quale venne trascinato, morirà a soli 47 anni, nell’ottobre 1959, lasciando in povertà la moglie Fiora e le due figliolette. Di Eros si può ben dire, senza timore di cadere in retorica agiografica, che “servì senza servirsi”. (A.Zambonelli)