A B C D E F G H I L M N O P Q R S T U V Z
Nevicati Fortunato (1895 – 1936)
Nato a Collecchio di Parma il 9 gennaio 1895, fu presto adottato da Ugo Cervi, sarto di Poviglio. Benché intelligente e vivace, i suoi studi furono irregolari e dovette precocemente trovarsi un lavoro come apprendista tipografo presso la tipografia Cattabiani, a Poviglio, per poi passare allo stabilimento Donati di Parma all’età di 18 anni.
L’adolescenza di Nevicati fu terreno fertile per la formazione della sua forte coscienza politica, alimentata da un settore, quello delle tipografie, particolarmente sensibile e organizzato. Già a partire dal 1913 Nevicati risulta iscritto al Circolo Giovanile Socialista di Poviglio, distinguendosi per impegno propagandistico, propensione alla discussione, amore per la lettura e tenace proselitismo. Nel 1915 ricevette la chiamata alle armi e prese parte alla Grande Guerra su fronte di Gorizia. Là, tra l’orrore e il fango della guerra di trincea, temprò le proprie idee di unità internazionalista proletaria.
Ottenuto il congedo nel 1919, Fortunato Nevicati riprese con rinnovato vigore la sua lotta politica in un paese stremato dalla guerra, in cui ormai le forze socialiste stavano passando alla ribalta: tre dei cinque collegi provinciali di Reggio sono sono socialisti, così come l’Amministrazione Provinciale. Nevicati era rappresentate della corrente ordinovista torinese, opposta all’ala riformista moderata del Partito Socialista, in cui riuscì a ricavarsi un nutrito bacino di sostenitori, soprattutto in vista delle prime avvisaglie di fascismo. Il 1920 fu l’anno di più intensa lotta del Partito Socialista per Nevicati, che con il suo costante sforzo contribuì alla sua rapida scalata nella Provicia di Reggio Emilia. Il 23 novembre 1920, Fortunato Nevicati fu nominato supplente dalla Deputazione Provinciale. Contemporaneamente al lavoro di amministratore provinciale, continuò il suo lavoro di dirigente politico nella bassa reggiana, particolarmente a Poviglio. In questo periodo, inoltre, Nevicati maturerà le idee che poi lo porteranno a lasciare il Partito Socialista in favore di quello Comunista, tanto da fondarne una sezione a Poviglio.
D’altra parte, tristemente, i primi anni ’20 segnano l’inizi della violenta reazione fascista, che non risparmierà Poviglio, né tantomeno Nevicati. Nel 1921, dopo ripetute minacce alla sua persona ed allla sua famiglia, Fortunato Nevicati venne pubblicamente bandito a vita, pena la morte, dal paese di Poviglio. Pur costretto a trasferirsi a Parma, Nevicati sfidò il fascismo, ritornando ripetutamente in forma clandestina per continuare la sua dirigenza del Partito di Poviglio oltreché quello di Parma. Neppure a Parma trovò pace e, con l’aiuto del fratello, si vide costretto ad espatriare in Francia nel 1923. Qui comincia il periodo più lacunoso e per la ricostruzione della biografia di Nevicati.
La vita da esiliato che Fortunato Nevicati dovette sopportare fu travagliata e segnata da stenti e precarietà, arrestie persecuzioni, ma che non gli impedì di proseguire la lotta contro la reazione fascista. A Parigi divenne dirigente sia dei comunisti italofoni, sia del movimento sindacale, protestando contro gli esilii causati dal fascismo; lo troviamo in prima fila nelle grandi proteste contro l’esecuzione dei due anarchici Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti e contro la provocatoria visita a Parigi del generale De Bono. Nel 1928, a causa proprio della sua attività politica, giunse l’espulsione dalla Francia e Nevicati si vide costretto a trasferirsi Bruxelles, dove assunse la direzione del Partito Comunista e del Sindacato Tipografi. Fece parte, inoltre, del Comitato Centrale della Lega Italiana Antifascista di Belgio e Lussemburgo, sempre prendendo parte a numerose manifestazioni e ai conseguenti conflitti sociali, che lo porteranno, ancora una volta, a subire l’arresto e l’espulsione dal paese nel 1931. Fortunato Nevicati dovette tornare a Parigi e vivere nell’illegalità, ma, ad ulteriore riprova della sua forza d’animo e della saldezza dei suoi i deali, proseguì la lotta politica sul suolo francese clandestinamente.
Nel luiglio 1936, Fortunato Nevicati venne a sapere della Guerra Civile Spagnola. Il suo amico e compagno Cesare Campioli ricorda l’episodio, raccontando di come Nevicati lo raggiunse in stazione con il giornale dicendo: “Hai visto? I fascisti hanno attaccato in Spagna! Bisogna partire subito, non c’è tempo da perdere”. Il 14 ottobre 1936, Nevicati era arrivato col treno 77 alla base della Brigata Internazionale di Albacete, assieme all’amico Libero Garzanti “Romagna” e ad altri 500 volontari, per essere assegnato al battaglione italiano, denominato Garibaldi. Il 10 novembre, la Brigata venne inviata al fronte e, dopo tre giorni e tre notti di marce forzate, ricevette il battesimo del fuoco al Cerro de Los Angeles, nei pressi di Madrid. Qui, la battaglia infuriava già dal 7 novembre, e Nevicati vi prenderà parte col grado di sergente mitragliere. Il 23 novembre 1936, sotto il costante tormento del fango e della pioggia, durante il drammatico ed infelice assalto al Cerro de Los Angeles, alle 17:00, Fortunato Nevicati incontrò la sua fine per mano fascista, mentre si batteva fino all’ultimo respiro per quegli ideali a cui aveva votato la sua vita.
Nironi William “Pippo” (1925 – 2003)
La famiglia di William era di idee antifasciste. Nell’autunno del 1943 venne arruolato nel corpo dell’Aeronautica e condotto in una caserma dalle parti di Gemona del Friuli. Qui, fu ricoverato all’ ospedale militare per accertamenti a causa di una pregressa patologia pleurica. Appena possibile fuggì, liberandosi della divisa, conservandone però il foulard. Non abbiamo informazioni sui particolari della fuga e del viaggio di ritorno a casa. Tuttavia, sappiamo che una notte riuscì a trovare ospitalità presso una famiglia di contadini di Carpi, ai quali lasciò il foulard della divisa. Tornò a casa, a Jano di Scandiano. Il padre, per occultare la presenza di William, aveva scavato un piccolo rifugio in un locale di servizio, nel qual potesse nascondersi in caso di pericolo. Il 4 maggio 1944 venne arrestato insieme allo zio Gino Nironi ed altri uomini di Jano e di Rondinara, in seguito ad una rappresaglia fascista e alla denuncia da parte di una donna di Rondinara, di cui non fu possibile conoscere l’ identità. I prigionieri, condotti al carcere dei Servi di Reggio Emilia, furono trattenuti per un periodo compreso tra i 10 e i 30 giorni, a seguito dei quali vennero liberati per insufficienza di prove. (R. Cavandoli, A. Paderni Scandiano 1915-1946 Lotte antifasciste e democratiche).
Poco prima di morire raccontò alla figlia di avere assistito, senza prendervi parte, alla battaglia di Botteghe di Albinea del 26-27 marzo 1945 e di avere ricevuto un encomio da parte del generale Clarck, smarrito dopo la guerra al distretto militare. La documentazione storica consultata non ha riportato prove della sua effettiva presenza ad Albinea in tali circostanze. Tuttavia, il reparto partigiano che combattutè ad Albinea, aveva transitato e pernottato, subito prima della battaglia, a Valestra, proprio dov’era localizzato il I Battaglione SAP, del quale William faceva parte. A seguito di tale incontro, il I Battaglione SAP fu rifornito di viveri e munizioni da parte degli ospitati. Alcuni sapisti fecero poi da guida verso Albinea ai partigiani che presero parte alla battaglia di Botteghe, senza unirsi allo scontro a loro volta. (R. Cavandoli, A. Paderni Scandiano 1915-1946 Lotte antifasciste e democratiche; M. Incerti, V. Ruozi Il bracciale di sterline ed Aliberti). Partecipò ad “azioni di recupero”, all’attacco a tedeschi a Scandiano il 19/4/1945, all’attacco a tedeschi il 23/4/1945” ed è stato segnalato come “buon elemento” (Tessera ANPI 3346 di William Nironi). Le informazioni circa l’ attività partigiana di William sono lacunose.
Egli non amava parlarne e solo poco prima di morire, provato dalla malattia, raccontò alla figlia alcuni episodi, esprimendo il desiderio che venissero ricordati. Questa pagina contiene quello che è stato possibile ricostruire grazie a tali racconti e consultando la documentazione storica disponibile. Un sentito ringraziamento al sig. Nemesio Crotti, poiché grazie al suo libro “Uomini donne e bambini artefici della Resistenza Reggiana” è stato possibile risalire al nome di battaglia di William: “Pippo”.