Una repubblica antifascista ?
Chi siamo? Una Repubblica democratica perché antifascista. Questa è la nostra storia. Anti-fascismo: era il sogno della democrazia quando il fascismo dominava l’Italia e l’Europa, era la Resistenza per cancellarlo dalla storia, è stata la Costituzione che ha scritto con il sangue la libertà, la giustizia, la pace al posto dell’oppressione, della discriminazione, della violenza e della guerra.
Le parole hanno un senso, il senso dell’antifascismo è questo. Non solo una memoria del passato, ma una dimensione permanente come è ricorrente il riemergere del fascismo, in forme diverse.
Oggi, 70 anni dopo, la Repubblica italiana è antifascista? La domanda è radicale ed è attuale. E la domanda sulla cultura della società, sul profilo della politica e delle istituzioni, sulla loro capacità di far fronte ai movimenti neofascisti che in Italia, in Europa, in altre aree del mondo, si prendono lo spazio dell’esaltazione di un passato che è costato all’umanità vittime e danni incalcolabili, la perdita della dignità umana e dell’onore di fronte alla storia.
Oggi a Casa Cervi un seminario voluto dall’ANPI nazionale e dall’Istituto Alcide Cervi indagherà su ciò che siamo diventati in questi decenni, sulla piena identità antifascista dello Stato, sul ruolo delle istituzioni nel contrasto ai movimenti e alle iniziative neofasciste. Apriamo così l’anno 2016 che celebra i settant’anni della nascita della Repubblica , dell’Assemblea Costituente, della Costituzione. Una manciata di mesi formidabili dal giugno 1946 al gennaio 1948 che ha fatto uscire l’Italia dal tunnel della prima metà del ‘900. Un filo diretto tra l’antifascismo, la Repubblica, la democrazia.
Oggi movimenti e iniziative neofasciste compaiono sulla scena. Attraggono giovani, occupano piazze, spazi sociali, la rete e i social networks. Si esercitano in luoghi protetti da giunte militari in lontani paesi dell’Asia. Inneggiano a quel passato, si nutrono di una visione antidemocratica. Fanno leva sulle paure, sulle povertà culturali, economiche e sociali. Si prendono lo spazio lasciato libero dalla politica, dalla passione democratica, dalla partecipazione; dal sogno politico e democratico dell’Unione Europea che stenta ad emergere. Siamo di fronte ad una sfida storica: le spinte populiste, autoritarie, xenofobe e nazionaliste mettono in pericolo le conquiste della democrazia che si fondano sulla cittadinanza inclusiva, le aperture sociali e culturali, la cultura del diritto, la solidità delle istituzioni rappresentative, la partecipazione popolare.
Come contrastare questi fenomeni? Le leggi ci sono, possono essere integrate con misure di più efficace contrasto alle iniziative di stampo fascista. Ma non bastano: é la coscienza vigile dei cittadini la migliore resistenza ai nuovi fascismi. Quando la propaganda neofascista occupa gli scaffali dei supermercati, non basta rimuovere i gadget; è evidente che la soglia di consapevolezza e di attenzione si è notevolmente abbassata. Vi è da investire sui valori della cultura democratica a tutti i livelli della società. Quanto più è il tempo che ci separa dal prezzo pagato per conquistare la democrazia, tanto più si deve ricordare.
Anche il negazionismo è parte del neofascismo di oggi. Se vogliamo capire cosa sta accadendo dobbiamo far vivere la memoria. Una grande stagione di impegno per la democrazia ci interpella in Europa e nel mondo. L’antifascismo non è un tema del passato, non è nostalgia, è un’urgenza contemporanea, è una soglia di attenzione che serve alle generazioni di oggi e di domani, non ai nostri nonni.
Casa Cervi è, per sua natura, una continua controffensiva culturale, il pensiero lungo di un antifascismo permanente. Oggi la nostra democrazia deve risorgere dopo le pericolose stanchezze e latitanze di questi anni. La crisi della democrazia in Occidente coincide con un rilancio del patto civile in una società multiculturale, e con l’orizzonte nuovo della conquista democratica che attraversa altre culture e altri popoli, dalla Birmania alla Tunisia, mentre pericoloso si fa il gioco dei pochi potenti che tengono in pugno risorse, armi, religioni, destini collettivi.
Diceva Aung San, il Padre della Patria in Birmania, ucciso a 32 anni nel 1947, il padre di Aung San Suu Kyi che apre oggi la strada della democrazia nel suo paese: Il fascismo è stato sconfitto, ma le sue radici rimangono e sono ancora vive. […] A meno che queste radici vengano completamente sradicate, a meno che il mondo intero diventi un mondo di popoli liberi, il mondo non può ancora affermare che ha scoperto una pace stabile.
Nessuna meraviglia che le radici del fascismo continuino oggi a germogliare. Meraviglia invece che si stia abbandonando il campo dell’antifascismo e la cura della democrazia.
Albertina Soliani
Presidente Istituto Cervi