Note bibliografiche di Rinaldi Nino “Eros”.
Rinaldi nacque ad Arceto di Scandiano nel 1927. Non era soggetto ad obblighi di leva data la sua giovane età, non era ricercato. Per questo la sua adesione al movimento partigiano ha il carattere di volontario puro.
Benché nulla ve lo costringesse, chiese ed ottenne di far parte di un Distaccamento della 76a Brigata SAP. Si arruolò il 10/08/1944 all’età di circa 17 anni. Era pertanto uno dei partigiani più giovani.
Nei primi mesi svolse una intensa attività di sabotaggio e anche di recupero, giacché bisognava rifornire di ogni cosa, specie nell’autunno inverno, le formazioni della montagna perché resistessero ai disagi stagionali e non si sciogliessero. Partecipò successivamente a varie azioni di guerriglia ed altre azioni militari più vaste, come la puntata tedesca a Jano del 07/01/1945 e quella di Rondinara del 23/01/1945.
I dati biografici rimasti nei documenti partigiani di quel tempo, parlano di Rinaldi come un elemento franco e leale, scrupoloso nel servizio, ottimo esecutore di ordini. Si afferma anche che era stimato per le sue ottime qualità di uomo e di combattente durante l’ultimo scontro che ebbe col nemico.
Come morì il povero Eros?
Lasciamo la parola a una relazione compilata del 1946 del suo Comandante di Brigata:
“La sera del 21/01/1945 il Comando del 1° Btg. Della 76a Brigata SAP (dislocato con alcune squadre in zona Viano) per mezzo del servizio informazioni veniva a conoscenza di una probabile azione di rastrellamento che il nemico doveva effettuare l’indomani.
Predisponeva quindi un intenso servizio di sorveglianza ai margini della zona ed inviava pattuglie esplorative per garantire i reparti da eventuali sorprese durante la notte. Con una di queste si trovava appunto il Rinaldi. Sul far del giorno in località Minghetta di Viano, la pattuglia si accorgeva improvvisamente di essersi spinta in zona occupata dai reparti nemici, i cui movimenti non erano stati notati a causa della fitta oscurità. Con poco tempo rimasto, data la vicinanza degli avversari, i partigiani aprivano senz’altro il fuoco nella speranza di provocare disorientamento negli avversari.
Visto l’estremo pericolo, dopo pochi minuti di lotta, la pattuglia si ritirava. Il Rinaldi frattanto, al fine di permettere ai compagni di allontanarsi, intratteneva i nemici sparando continuamente. Attirava così su di sé l’attenzione di questi, i quali riuscivano a colpirlo con raffica, che gli falciava le gambe al di sotto del bacino.
Data l’impossibilità di fuggire, essendo ormai il nemico vicinissimo egli trovava la forza di mettersi al riparo di un albero e di continuare a combattere fino all’esaurimento delle munizioni, dimostrando in quella situazione disperata di possedere una indomabile tempra di combattente.
Quando già stava per essere catturato, non potendo più reagire in alcun modo, estraeva la pistola e si uccideva preferendo morire piuttosto che darsi prigioniero.
Il cadavere veniva recuperato più tardi dai compagni, quando i tedeschi si ritiravano dalla zona.
La storica freddezza del Rinaldi, il suo spirito di sacrifico ed il suo altruismo, toccavano i vertici dando alla sua figura di giovanissimo combattente, la grandezza degli “eroi”.
Crediamo che dopo questa relazione, non ci resti più nulla da dire per quanto riguarda la triste ma eroica vicenda di questo partigiano esemplare.