La sera del 27 gennaio viene minato il ponte sul Quaresimo. Sulle mine salta una vettura tedesca e nello scoppio restano uccisi un ufficiale e un soldato. Come rappresaglia sul ponte vengono uccisi, il giorno dopo, 10 prigionieri prelevati dalle carceri di Reggio (Socrate Paterlini, Nello Sarti, Giuseppe Violi, Delio Giovanni Govi, Ernesto Rigattieri tutti di Cavriago, Renato Formentini da Massenzatico, Enrico Prandi da Villa Sesso, Vincenzo Terenziani da Villa Rivalta, Ferdinando Cesari da Scandiano e un altra persona rimasta sconosciuta)
Vincenzo Terenziani Luigi, nato a Villa Rivalta (Reggio Emilia) nel 1925, fu giovanissimo partigiano nelle sap (poi 76a Brigata SAP “Angelo Zanti”), fu comandante di distaccamento e membro del comitato provinciale del Fronte della gioventù. Catturato dalla polizia fascista, sopportò feroci torture e fucilato per rappresaglia il 28 gennaio. Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
IL RASTRELLAMENTO NAZI-FASCISTA: Il 22 gennaio 1945 (era un lunedì), militi della Brigata Nera, assieme a militari tedeschi, circondato il centro abitato del paese, danno corso ad un rastrellamento per “scovare”, per poi arrestare, antifascisti e partigiani. I nazifascisti, in gruppi di tre o quattro elementi, entrano in ogni abitazione, ispezionando ogni locale alla ricerca di armi, di materiale di propaganda antifascista e, principalmente, “sovversivi” e “ribelli”. I fermati vengono “accompagnati” presso il Cinema Italia, in via di Rivasi, per “approfonditi accertamenti”. Nel primo pomeriggio il numero dei fermati è di 37 unità. Successivamente delle 37 persone fermate, 18 vengono rilasciate e 19 sono trasferite alle carceri dei “Servi” in Reggio Emilia. Questi i nominativi dei 19 arrestati:
1) Fioravante Belloni, di anni 39, mastellaio, residente in via Gazzolo; 2) Lorenzo Barbieri, 33, macellaio, via Amos Maramotti (le attuali vie Repubblica e Rivasi); 3) Tito Bertani, 45, lattoniere, via del Cristo; 4) Francesco Boni, 45, fabbro, via Maramotti; 5) Vigliem Olbes Burani, 31, saldatore, via Circonvallazione; 6) Roberto Ferrari, 49, muratore, via Gazzolo; 7) Dello Giovanni Govi, 34, industriale tessile, via Fornella; 8) Dadino Jotti, 31, medico, via Circonvallazione; 9) Anselmo Melloni, 33, mastellaio, via Maramotti; 10) Renzo Montanari, 30, sarto, via Maramotti; 11) Francesco Negri, 54, industriale lattiero-caseario, Via Cavour; 12) Socrate Paterlini, 34, falegname, via Borghetto; 13) Gino Pioli, 30, falegname, via Campofiori; 14) Ernesto Possenti, 30, contadino, via Maramotti; 15) Ettore Reverberi, 36, contadino via Bassetta; 16) Ernesto Rigattieri, 57, industriale lattiero-caseario, via XX Settembre; 17) Gemello Sandrolini, 38, calzolaio, via Borghetto; 18) Nello Sarti, 39, calzolaio, via Cairoli; 19) Giuseppe Violi, 27, operaio, via Spato. L’età media degli arrestati è di 38 anni. Il 23 gennaio i fascisti trasferiscono 15 arrestati dai “Servi” a “Villa Cucchi”, sede dell’ufficio politico investigativo (UPI), comandato dal capitano Cesare Pilati. Sono presi a calci, a pugni, a bastonate e poi interrogati. In aiuto a Pilati, come seviziatore, interviene il cavriaghese Teseo Tarasconi, detto “Durante”.
Poi la situazione precipitò.
LA TRAGICA RAPPRESAGLIA: La sera del 27 gennaio 1945, un gruppo di patrioti della 76ª brigata SAP depone mine sulla via Emilia, all’altezza del ponte sul torrente Quaresimo. L’attentato provoca la distruzione di una vettura tedesca, la morte di un ufficiale e di un soldato e il ferimento di altri due militari. Il comando tedesco e i fascisti decidono di rispondere alla sortita dei partigiani con una immediata rappresaglia: decretano la fucilazione di 10 prigionieri rinchiusi nelle carceri dei “Servi”. Nell’elenco dei 10 ci sono 5 cavriaghesi: Dello Giovanni Govi, Socrate Paterlini, Ernesto Rigattieri, Nello Sarti e Giuseppe Violi.
All’alba del 28 gennaio, i 10 prigionieri, con le mani dietro la schiena legate con fil di ferro, sono fatti salire su un camion militare e condotti a Pieve Modolena, sulla via Emilia, sul ponte del Quaresimo. Dal camion vengono scaraventati a terra, divisi in due gruppi ai lati del manufatto, poi fucilati. I corpi sono lasciati a terra per molto perché la gente di passaggio sull’importante arteria viaria doveva vedere il massacro e comprendere che i più forti erano sempre loro, i fascisti. Solo sul tardi i familiari delle vittime sono autorizzati a trasferire i corpi martoriati nella camera mortuaria del nostro cimitero. Il funerale viene rigorosamente vietato. Gli altri cinque fucilati sono: Ferdinando Cesari da Scandiano, Renato Formentoni da Villa Massenzatico, Emore Prandi da Villa Sesso, Vincenzo Terenziani da Villa Rivalta e un altro giovane rimasto sconosciuto. (dal sito ANPI Cavriago)