Posizione della centrale

I Comandi tedeschi, ormai certi della sconfitta, disposero ai vari reparti in ritirata, di distruggere tutte le centrali idroelettriche. Infatti, approfittando del tratto Cerrè Sologno-Castellaro lasciato scoperto, dato il numero insufficiente delle mine e nonostante un sistema di postazioni partigiane a guardia del fiume Secchia, all’alba del 10 aprile 1945 i tedeschi attaccarono in forze. Torme di soldati teutonici attraversarono velocemente il letto del Secchia, investiti immediatamente dal fuoco incrociato dei partigiani, che provocò morti e feriti. Tuttavia sempre nuovi scaglioni si susseguivano, protetti dall’incessante martellamento delle postazioni partigiane da parte di batterie di cannoni e mortai tedeschi posti sulla riva sinistra del Secchia, che resero possibile il raggiungimento della riva destra del fiume. Coperta anche da una fitta vegetazione, la marcia dei nazisti proseguì rapidamente verso Cerrè Sologno. I Distaccamenti “Casoli” e “Stalin” ben presto non ebbero più la forza di contrastare una simile avanzata, così il Comando della 145^ Brigata inviò sul posto un Distaccamento di riserva, da poco tempo costituito, il “Bassi”. L’occupazione del piccolo centro abitato potè soltanto essere ritardata per breve tempo, tanto che verso le ore 9 divenne un fatto compiuto. Il piccolo borgo di Castellaro brulicava di tedeschi, così i partigiani li colpirono con alcuni efficacissimi tiri di mortaio, provocando varie perdite, ma esaurendo ben presto i colpi.
Il cammino dei nazisti proseguì verso Primaore, sorprendendo alle spalle le formazioni partigiane, che dovettero ritirarsi sul vicino Monte Regnolo. Il Distaccamento “Zambonini” assunse anch’esso la stessa posizione, costretto da un violento combattimento nel quale rimasero feriti tre partigiani.
Verso mezzogiorno, la pressione tedesca divenne ancor più insistente, tanto che tutti e quattro i Distaccamenti arretrarono di altri 500 metri, resistendo per l’intero pomeriggio, grazie all’appoggio di un cannoncino da 55mm. La situazione rimase invariata finchè alle prime luci del seguente giorno 11 aprile, i nemici sferrarono un nuovo impressionante attacco, verso le ore 9 i partigiani furono costretti nuovamente a ritirarsi. I Distaccamenti “Stalin”, “Casoli” e “Bassi” si portarono al Passo della Cisa, il Distaccamento “Zambonini” invece salì sugli Schiocchi di Casalino, mentre il Comando di Brigata si spostò da Montecagno a Ligonchio, dove gli uomini del Distaccamento “Fontanesi” mantennero tenacemente la posizione di Piolo. Ligonchio e la sua centrale dovevano essere difesi ad ogni costo e così avvenne. Per tutto il giorno 12 i tentativi di sfondamento dei tedeschi vennero frustrati dalla strenua resistenza partigiana, che provocò anche morti e feriti tra i nemici. I Distaccamenti “Fornaciari” e “Libertà” insieme ai sabotatori del “Cane Azzurro” e grazie all’appoggio di una mitragliera appostata sugli Schiocchi di Casalino, completarono il sistema difensivo di Ligonchio, rendendo la posizione pressoché inespugnabile.
Nello stesso giorno 12 una grossa colonna tedesca composta da 400 uomini, con 2 cannoni e 4 mortai, alle prime luci dell’alba effettuò una digressione ad est, verso Sologno-Minozzo, cogliendo impreparati alcuni reparti della 26^ Brigata che stavano affluendo sul posto. Il Distaccamento “Bedeschi” venne investito in pieno e con il comandante ferito, si frazionò temporaneamente per evitare di essere annientato. Il Distaccamento “Costi”, pur resistendo per qualche tempo, riuscì a sganciarsi senza subire perdite. La puntata nemica verso Minozzo ebbe successo, tanto che le postazioni partigiane di Poiano, Carniana, Garfagno, Sologno e dello stesso Minozzo vennero abbandonate, così i tedeschi occuparono anche Valbuciana e Villa Minozzo. Qui i nazisti, pur nel breve tempo di permanenza, effettuarono ogni sorta di razzie, compiendo quelle che erano diventate consuete gesta vandaliche, bruciando anche le poche case che si erano salvate dalle precedenti rappresaglie. Il giorno 13 aprile la situazione a Ligonchio rimase invariata, ma l’occupazione di Minozzo e di Villa Minozzo creò i presupposti per l’invasione della Val d’Asta, che se fosse avvenuta, avrebbe di fatto spazzato via ogni resistenza partigina. Il Monte Prampa rappresentava, per quanto impervia, l’unica via per giungere in Val d’Asta. Per una fortunosa ed errata segnalazione della presenza dei tedeschi sul monte, permise ai partigiani di modificare rapidamente le posizioni di difesa, impedendo di fatto l’invasione. L’azione nemica da quel momento venne circoscritta ed in alcuni settori i partigiani passarono al contrattacco, provocando morti e feriti tra i nazisti, i quali desistettero anche dal tentativo di attraversare il torrente Secchiello.
Il giorno 14 aprile le sorti della lotta furono definitivamente capovolte. I tedeschi pagarono assai duramente i loro ultimi tentativi di attacco, avendo disperso le proprie forze su di un fronte troppo vasto, fronteggiati da una saldissima resistenza partigiana, furono costretti ad una rapida ritirata, subendo la perdita di un centinaio di uomini tra morti e feriti.
I partigiani avevano passato momenti critici e drammatici,sfiniti dalla stanchezza, dal freddo e dalla fame, ma combattendo per 4 giorni senza sosta riuscirono a salvare Ligonchio e la sua centrale, patrimonio industriale di grande valore, che sarebbe stato di fondamentale aiuto nella fase della ricostruzione post-bellica.