Eccidio Legoreccio
Il Distaccamento “Cervi” era accantonato in un fabbricato di Legoreccio e la posizione del paese era tale che i nazisti difficilmente avrebbero potuto giungervi inosservati, se non ricorrendo allo spionaggio dei fascisti del posto. Così la notte del 17 novembre 1944 partì dalla famigerata scuola anti ribelli di Ciano d’Enza un forte contingente di 150 uomini tra tedeschi e fascisti, che dopo aver sorpreso ed immobilizzato una prima pattuglia di partigiani dislocati a Casalecchio, ebbero via libera per giungere indisturbati a Legoreccio alle prime ore del giorno 17. L’intento dei nazifascisti era quello di sorprendere gli uomini del “Cervi” durante il sonno, ma una sentinella, che stava per essere pugnalata, riuscì ugualmente ad esplodere un colpo di avvertimento. La sorpresa non ebbe successo completo, anche se i partigiani erano ormai completamente assediati dai nemici che avevano invaso il piccolo paese.
Senza alcuna via d’uscita, i garibaldini del “Cervi” pensarono ad una sortita con le armi in pugno, ma alla fine prevalse la proposta del Comandante di resistere all’interno del fabbricato. Dopo aver respinto le prime intimazioni di resa, i partigiani aprirono il fuoco sui nazifascisti, nella speranza che altri distaccamenti accorressero in loro aiuto udendo la sparatoria.
Il tempo passava ed i compagni erano troppo lontani per poter accorgersi di quel che stava accadendo a Legoreccio, così gli uomini del “Cervi” compresero che la loro sorte era segnata.
Di fronte alla minaccia dei nemici che avrebbero incendiato l’intero paese ed ucciso i civili, i partigiani si arresero con la convinzione che, secondo la circolare del Comando Unico sulle trattative stipulate in occasione dello scambio di Wender, sarebbero stati risparmiati.
Per dichiarazione di uno dei pochi tedeschi superstiti, dopo averli disarmati, i fascisti insistettero affinché venissero fucilati sul posto. E così avvenne. Il Distaccamento fu letteralmente distrutto.
Un garibaldino morì in un tentativo di sortita, diciassette vennero condotti uno alla volta nelle varie stanze del fabbricato dove erano accantonati e lì massacrati, altri sei, tutti graduati, vennero invece portati via e uccisi pochi giorni dopo, tranne il Comandante Arturo Gambuzzi “Cervi”, fucilato per rappresaglia il 12 dicembre 1944.
Alla fine furono 24 i garibaldini trucidati a Legoreccio, la maggior parte dei quali giovanissimi, quasi ragazzi.