1945 – Gennaio 03

Rappresaglia di Fellegara – Scandiano

PIETRE RESISTENTI -Cippi e Monumenti

La Resistenza stava superando la grave crisi autunnale manifestatasi quando, fallita l’offensiva alleata, tutte le forze nazifasciste erano state impiegate contro il “ribellismo”.

Numerosi erano state le azioni repressive e numerose di conseguenza le perdite subite. Viva apprensione aveva provocato d’altro conto il fenomeno dell’attesismo, secondo il quale, premessa l’impossibilità della continuazione della lotta all’inverno, il movimento di liberazione doveva attenuare sin quasi all’inerzia la sua pressione, attendendo il “momento propizio”. Su questo atteggiamento sperava il nemico, convinto com’era che la cattiva stagione e le operazioni di rastrellamento avrebbe annientato la Resistenza.

Ma le cose non stavano precisamente così. In generale, tra il dicembre 1944 e il gennaio 1945 la Resistenza reggiana era di ripresa. Dalla montagna scendevano a turno in pianura numerose squadre di garibaldini per effettuarvi attacchi al traffico nemico, in collaborazione con i GAP e le SAP, sicché la guerriglia si era nuovamente estesa a tutta la provincia.

C’era dunque un certo risveglio un poco ovunque, ma Scandiano era ancora soggetto alla azione terroristica del nemico. Esisteva sul posto una rete di spionaggio molto efficiente che permetteva ai nazifascisti di operare spesso arresti di patrioti, di antifascisti e di renitenti alle chiamate alle armi, sconvolgendo il tal modo le fila del movimento clandestino e causando perdite dolorose. I dirigenti del C.L.N. scandianese erano stati costretti a spostarsi nel territorio di Viano. Quivi si erano raggruppati anche interi reparti di sappisti i quali però non si rassegnavano a lasciar liberi i detenuti di operare indisturbati, a danno del movimento, dei singoli patrioti e delle loro famiglie.

Infatti, mentre alcune squadre di garibaldini scesi dalla montagna operavano nei pressi di Scandiano, venne compiuta una azione anti – spionaggio. Altre spie segnalarono il fatto della Brigata Nera, accusando contemporaneamente alcuni giovani di Fellegara. Un reparto di squadristi di Reggio Emilia si portò sul luogo la notte del 3 gennaio, col proposito di compiervi un rastrellamento e quindi una rappresaglia.

Alle ore 4.30 del 3 gennaio i fascisti cominciarono gli arresti. In breve 15 giovani caddero nelle loro mani e vennero accompagnati nell’osteria di Fellegara. Dopo gli interrogatori fatti a base di insulti, percosse e sevizie, i prigionieri furono lasciati quasi tutti in libertà, con l’impegno di presentarsi il giorno seguente alle caserme fasciste. Quattro furono caricati su un camion: Nironi Renato, Gambarelli Nemo, Colli Roberto e Montanari Mario. Intenzione dei fascisti era quella di ucciderli in Scandiano. Due dovevano essere impiccati, come risulta da una relazione fatta dal ten. Carlotto al Comando della Brigata Nera. Qualche testimone oculare infatti assistette ai preparativi, vide le corde e persino i coltelli con la scritta: “Partigiani armati”, che avrebbero dovuto essere appesi ai corpi degli impiccati.

Durante il viaggio verso Scandiano, all’altezza del Ponte sul Tresinaro, l’automezzo incrociò casualmente una squadra di garibaldini. Nella inevitabile sparatoria un garibaldino rimase ferito. I fascisti riportarono le perdite di 1 morto e 1 ferito: pertanto sfogarono la loro rabbia fucilando sul posto i 4 giovani. Subito dopo si barricarono in una casa vicina in attesa di rinforzi. Giunse all’alba infatti un plotone di militi della Brigata Nera proveniente da Reggio per proseguire il rastrellamento. Ma la popolazione locale, dopo i fatti della notte, aveva in gran parte lasciato Fellegara temendo altre rappresaglie.

La stampa fascista disse che i quattro giovani erano “ribelli uccisi in combattimento”. Questa la versione addomesticata per l’opinione pubblica. Le cose, come s’è visto, erano andate ben diversamente.

L’azione non fu che uno dei tantissimi eccessi compiuti dalle brigate nere. Persino i tedeschi, in un loro documento riservato, disapprovarono e criticavano aspramente l’operato dei camerati.