25 luglio 1943.
Il duce viene sfiduciato dai suoi stessi gerarchi, cade il fascismo. Il re fa arrestare Mussolini e nomina nuovo capo del governo il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio.
28 luglio 1943.
Gli operai delle “Reggiane” escono dalla fabbrica per chiedere la fine della guerra.
Ma le disposizioni governative contro i manifestanti furono drastiche: un ufficiale ordina di aprire il fuoco sui lavoratori provocando la morte di otto uomini ed una donna, mentre circa una trentina rimasero feriti.
8 settembre 1943.
Il capo del governo Badoglio proclama l’armistizio tra l’Italia e le Nazioni Unite, tuttavia la guerra continua. Il re scappa verso sud per salvare la pelle. Tutto lo stato maggiore del fascismo e dell’ esercito italiano si dissolvono come la neve al sole. I nostri soldati, impegnati su vari fronti in tutta Europa, vengono così lasciati senza direttive e completamente abbandonati. È il caos più totale. Nel frattempo, durante la notte del 9 settembre, le truppe corazzate germaniche già da qualche tempo accampate nei pressi delle nostre città, iniziano ad occupare le caserme e a prendere possesso degli edifici pubblici.
25 settembre 1943.
Costituzione della Federazione fascista reggiana. Dante Torelli è il reggente ed il successivo giorno 30, il fascista Giuseppe Scolari viene nominato Commissario della federazione repubblicana.
28 settembre 1943.
Nella Canonica di San Francesco viene costituito il Comitato di Liberazione Nazionale, con lo scopo di dirigere la guerra di liberazione, ormai inevitabile. Alla presenza di Don Lorenzo Spadoni, parteciparono alla storica riunione Cesare Campioli per il Partito Comunista, Vittorio Pellizzi per il Partito d’Azione, Alberto Simonini e Giacomo Lari per il Partito Socialista, il dottor Pasquale Marconi per la Democrazia Cristiana e Don Prospero Simonelli.
Nasce il nuovo Stato fascista e prende il nome di Repubblica Sociale Italiana, sede del nuovo governo è il piccolo paesino di Salò, capo del governo fantoccio voluto da Hitler è nominato nuovamente Benito Mussolini, che nel frattempo era stato liberato dalle stesse SS quasi due settimane prima.
25 novembre 1943.
Alle ore 6,30 del mattino la casa dei Cervi viene circondata dai militi della GNR e dopo una violenta sparatoria vengono arrestati i sette fratelli, il padre Alcide che non voleva abbandonarli, il giovane Quarto Cimurri e quattro stranieri, tra i quali Dante Castellucci, che ebbe la prontezza di farsi passare per francese. Dopo essere stati caricati sui camion, vengono portati tutti nel carcere politico dei Servi a Reggio Emilia, mentre la madre dei Cervi, le mogli ed i figli sono abbandonati per strada e la casa saccheggiata ed incendiata.
28 dicembre 1943.
All’alba, i sette fratelli Cervi ed il loro compagno partigiano Quarto Camurri, in seguito a sentenza di condanna a morte, sono condotti davanti al plotone di esecuzione nel Poligono di tiro di Reggio Emilia e lì fucilati. Le massime autorità del fascismo reggiano decisero di giustiziare i Cervi come rappresaglia per l’uccisione del segretario comunale di Bagnolo in Piano, Davide Onfiani.
7-8 gennaio 1944.
Primi bombardamenti alleati su Reggio. Vengono quasi totalmente distrutti gli stabilimenti delle Officine Reggiane. Migliaia di operai vennero decentrati fuori provincia o dovettero adattarsi a lavorare per la tedesca Todt. La stazione ferroviaria è interamente distrutta, alcune bombe finiscono sul carcere dei Servi, abbattendone parzialmente le mura e consentendo così la fuga a molti prigionieri, tra i quali papà Cervi; che ancora non conosce la sorte toccata ai figli. Durante le incursioni aeree, si ebbero oltre 250 morti ed almeno altrettanti feriti.
30 gennaio 1944.
Al Poligono di tiro di Reggio Emilia viene fucilato Don Pasquino Borghi, Parroco di Tapignola, fervente antifascista, assieme ad altri otto patrioti, tra i quali l’anarchico Enrico Zambonini, già combattente in Spagna. Questa è la seconda gravissima rappresaglia effettuata per decisione delle autorità fasciste.
15 marzo 1944.
In località Cerrè Sologno, le prime formazioni partigiane che operavano sull’Appennino tra le province di Reggio e Modena, si scontrarono con una compagnia mista di tedeschi e fascisti, riuscendo clamorosamente a sconfiggerli. I nazifascisti cercarono scampo nella fuga buttandosi allo sbaraglio verso il Secchia, ma vennero presi sotto il fuoco dei partigiani, contando alla fine 10 morti, 22 prigionieri ed un imprecisato numero di feriti. Nel primo grande combattimento delle nostre montagne, persero la vita anche 7 partigiani e 11 rimasero feriti.
20 marzo 1944.
Civago e Cervarolo vengono investite dalle soldataglie tedesche e fasciste, come rappresaglia per le gravi perdite riportate pochi giorni prima a Cerrè Sologno. Reparti della Divisione “Goering” provenienti da Modena, insieme ai fascisti inviati da Reggio, dapprima provocarono tre morti ed un ferito a Civago, appiccando il fuoco a molte case. Ma la loro inumana ferocia ebbe il massimo sfogo a Cervarolo, dove saccheggiarono ed incendiarono l’intero abitato, dopo aver allontanato le donne, mitragliarono tutti gli uomini che riuscirono a catturare, radunandoli nel recinto di un’aia del paese. Alla fine furono 24, uomini di tutte le età, compresi tra i 17 e gli 84 anni, tra i quali un povero paralitico ed il Parroco Giovanni Battista Pigozzi.
24-25 maggio 1944.
I comandi fascisti diffondono i primi bandi per la consegna ai posti militari e di polizia, per tutti gli sbandati e per i ribelli delle bande partigiane. In caso contrario la montagna sarebbe stata interamente rastrellata ed i disertori passati per le armi. In risposta a questa opera di intimidazione, le formazioni partigiane, che stavano diventando sempre più efficienti, risposero attaccando il presidio fascista di Villa Minozzo all’alba del giorno 24. Il paese venne tenuto sotto il fuoco per l’intera giornata, mentre il giorno seguente le truppe fasciste, affluite nel frattempo da Reggio, puntarono sulla Val d’Asta senza però raggiungere lo scopo. Vennero infatti fermate a Coriano ed a Governara, dove subirono 10 morti e 20 feriti. I fascisti dovettero così interrompere il rastrellamento.
10 giugno 1944.
Le forze fasciste a cui si erano aggiunte quelle della gendarmeria tedesca, mossero lentamente da Castelnuovo Monti alla volta dello Sparavalle. Nonostante l’evidente inferiorità di uomini, i partigiani riuscirono in un primo momento a bloccare l’avanzata nemica, tuttavia non resistettero a lungo. Ormai accerchiati sul fortino dello Sparavalle, per non farsi annientare, i partigiani ripiegarono appena in tempo dopo un pericolosissimo sganciamento svoltosi sotto il fuoco nemico. Durante la battaglia persero la vita Giulio Canedoli ed i cugini Ennio e Marino Gilioli.
23 giugno 1944.
Una squadra di sabotatori scesa da Ligonchio con il compito di far saltare un ponte presso la Bettola, durante la sera si scontrò con una pattuglia di tedeschi. Si ebbero morti da entrambe le parti e per rappresaglia, poche ore dopo, un reparto della gendarmeria tedesca di stanza a Casina scese sul luogo dello scontro, uccidendo 32 civili, tra i quali 11 donne e 3 bambini, appiccando il fuoco alla locanda della Bettola.
Luglio 1944.
Gran parte delle formazioni partigiane di Reggio e di Modena vengono unificate nel Corpo d’Armata Centro-Emilia, dove controllavano una vasta zona comprendente i territori di Frassinoro, Palagano, Montefiorino, Polinago, Prignano in provincia di Modena e quelli di Toano, Villa Minozzo e Ligonchio in provincia di Reggio Emilia. All’interno di questa zona libera, che verrà chiamata “Repubblica di Montefiorino”, le Amministrazioni comunali vennero rette da organismi eletti democraticamente con voto popolare.
30 luglio 1944.
All’alba imponenti forze tedesche attaccarono, da diversi lati, lo schieramento partigiano reggiano della repubblica di Montefiorino. Il bombardamento delle posizioni partigiane proteggeva l’avanzata delle fanterie. I partigiani modenesi resistettero a Cerredolo, i reggiani a Gatta e a Cinquecerri, ma la superiorità dei nazifascisti era schiacciante. La zona libera venne alla fine invasa ed i paesi furono in gran parte bruciati. Molte formazioni si sbandarono ed altre si portarono sulle alture del crinale tosco-emiliano. Tra i partigiani si ebbero 21 morti e 6 dispersi, circa 200 civili vennero catturati, dei quali 50 deportati in Germania, dove ne moriranno 15.
17 novembre 1944.
Nella notte il Distaccamento “Fratelli Cervi” accantonato a Legoreccio fu attaccato di sorpresa. I 24 garibaldini, arresisi con la convinzione di aver salva la vita, vennero sterminati freddamente.
17-21-22 dicembre 1944.
Eccidio di Villa Sesso. Nel corso di tre successive giornate di rappresaglie, i fascisti comandati dal famigerato Tesei, fucilarono ben 23 persone. Tra essi i quattro fratelli Manfredi ed il loro padre Virginio e due componenti della famiglia Miselli; il padre Ferdinando ed il figlio Remo. I rastrellamenti e gli eccidi furono un grave colpo per l’organizzazione partigiana.
20 dicembre 1944.
I garibaldini della 26° Brigata, nei pressi di Vercallo, attaccano una vettura tedesca, uccidendo tra gli altri il capitano Seifert, comandante delle scuole antiribelli dell’Emilia. Vennero recuperati documenti importantissimi appartenenti al servizio informazioni tedesco. Per rappresaglia i tedeschi del presidio di Ciano fucilarono sul posto, il 21 e 23 dicembre, ben 12 ostaggi.
5 gennaio 1945.
Il giovane sappista Felice Montanari “Nero” assediato all’interno di un casello ferroviario nei pressi di Boretto, nel quale sostava insieme ad un maresciallo tedesco catturato, resistette per qualche ora da solo contro numerosi nemici. Esaurite le munizioni, il partigiano si uccise per non consegnarsi al nemico.
7 gennaio 1945.
Per reagire alla sempre maggiore pressione delle formazioni partigiane, i Comandi germanici iniziarono un vasto rastrellamento che investì gran parte dell’Appennino reggiano e modenese. A Villa Marta, presso la Gatta, i tedeschi catturarono, seviziarono e massacrarono 8 garibaldini della 26° Brigata, facendo crollare l’edificio sui loro corpi.
13 gennaio 1945.
Alle ore 5,30 nella Caserma Zucchi di Viale Allegri a Reggio, viene fucilato Angelo Zanti, straordinario organizzatore e figura tra le più belle di tutta la Resistenza reggiana. Sarà decorato con la Medaglia d’Argento al valor militare.
25 gennaio 1945.
Nel corso di un rastrellamento condotto nelle campagne di Fosdondo, vengono uccisi Vittorio Saltini “Toti” Commissario del Comando Piazza e la sorella Vandina. Nello stesso giorno, truppe tedesche e fasciste assediarono un gruppo di comandanti partigiani della pianura, tra i quali Egidio Baraldi “Walter”, in una casa di Canolo. Dopo una strenua e quanto mai impossibile resistenza, i partigiani effettuarono una sortita affrontando a viso aperto i nazifascisti. Morirono Vasco Guaitolini e Abbo Panisi, mentre gli altri riuscirono a salvarsi.
14 febbraio 1945.
A Bagnolo in Piano, in seguito all’uccisione di due soldati repubblichini, un reparto della Brigata Nera invase il paese, perquisì diverse abitazioni e dopo avere prelevato un certo numero di persone, ne fucilò 10 nella piazza ai piedi del Torrazzo, la maggior parte dei quali padri di famiglia. Il fatto venne deplorato oltre che dal Capo della Provincia, anche dagli stessi nazisti.
In seguito ad un attacco partigiano al traffico militare nemico sulla via Emilia, vennero prelevati dalle carceri di Parma 20 ostaggi e fucilati da reparti tedeschi presso Ponte Cantone di Calerno (S.Ilario). Le vittime crivellate dai colpi, come già accaduto per i 21 morti di Villa Cadè, furono lasciate esposte per due giorni sul luogo della fucilazione, come monito alla popolazione ed ai sostenitori della Resistenza.
27 febbraio 1945.
A Fabbrico si svolse uno tra i più aspri combattimenti della pianura reggiana, tra i partigiani ed i fascisti, i quali intendevano fucilare 22 civili tenuti in ostaggio. I comandi partigiani riuscirono a concentrare rapidamente sul posto reparti gappisti e sappisti di vari Comuni, sconfiggendo clamorosamente i fascisti e salvando quasi tutti gli ostaggi. Durante la battaglia caddero 3 partigiani ed un ostaggio, mentre le perdite fasciste ammontarono ad alcune decine di uomini, tra morti e feriti.
28 febbraio 1945.
Paolo Davoli “Sertorio” , Intendente del Comando Piazza di Reggio Emilia, arrestato alcuni mesi prima dall’U.P.I. e brutalmente seviziato e torturato per giorni, viene fucilato per rappresaglia insieme ad altri 9 compagni di prigionia nei pressi di Cadelbosco Sopra. Decorato con la Medaglia d’Argento al valor militare.
27 marzo 1945.
Circa cento uomini, paracadutisti inglesi, partigiani russi ed italiani, scesi appositamente dalla montagna, attaccarono nella notte la V° Sezione del Comando Generale tedesco in Italia, situata a Villa Rossi in località Botteghe di Albinea. Il fulmineo attacco riuscì perfettamente, tanto che il Comando tedesco non sarà più in grado di funzionare. Infatti l’ufficio cartografico venne completamente distrutto ed investito con gravi perdite l’accantonamento degli ufficiali superiori della Wehrmacht.
1° aprile 1945.
Dopo vari giorni di combattimenti in cui impegnarono i partigiani della 76° Brigata S.A.P. e della Brigata S.A.P. Montagna, nella notte le truppe tedesche oltrepassarono di sorpresa il Secchia e raggiunsero il Monte della Castagna presso Cà Marastoni di Toano. Nel pomeriggio i russi del Battaglione Alleato, insieme ai garibaldini ed alle Fiamme Verdi, contrattaccarono e respinsero i nazisti oltre il fiume, infliggendo loro pesanti perdite, 12 morti, 13 prigionieri e numerosi feriti. Tra i partigiani, le Fiamme Verdi ebbero 5 morti e la 26° Brigata Garibaldi vide cadere la valorosa staffetta Valentina Guidetti “Nadia”, decorata in seguito con la Medaglia d’Argento alla memoria.
10 aprile 1945.
I tedeschi sferrarono un violentissimo attacco verso Ligonchio, con l’intento di distruggere la centrale idroelettrica, presidiata dalla 145° Brigata Garibaldi. I Comandi tedeschi diedero ai reparti l’ordine perentorio di distruggere tutte le centrali prima della ritirata. I partigiani contennero i nazisti prima a Montecagno e dopo 4 giorni di lotta incessante e strenua resistenza, costrinsero il nemico ad abbandonare la zona, provocando loro pesanti perdite, circa cento uomini tra morti e feriti.
13 aprile 1945.
A Bibbiano si svolge un accanito combattimento fra partigiani e forti reparti fascisti, durante il quale perdono la vita Lorenzo Gennari “Fiorello”, decorato con la medaglia d’oro al valore militare alla memoria ed il sappista Walter Giovanardi. I fascisti hanno diverse perdite e per rappresaglia fucilano tre persone innocenti. A Reggio circa 2000 donne si portano presso la Prefettura manifestando per la pace e contro la fame, successivamente si spostano alle carceri per chiedere la liberazione dei prigionieri politici. I fascisti aprono il fuoco e feriscono quattro donne. Manifestazioni simili con altre donne ferite avvengono contemporaneamente a Novellara e Boretto. Il “Fronte della Gioventù” organizza gli studenti in varie scuole allo sciopero, che tuttavia non ha gli esiti sperati. Marcello Bigliardi, uno degli organizzatori, viene arrestato, torturato ed ucciso. Per la simultaneità e la grande adesione alle manifestazioni, la giornata del 13 aprile verrà definita “la prova generale dell’insurrezione”.
20 aprile 1945.
Viene catturato ed ucciso a Bologna, alla vigilia della liberazione della città, Sante Vincenzi “Mario”, dirigente militare e politico di primo piano, membro del Comando Unico Militare Emilia Romagna. Decorato con la Medaglia d’Oro “alla memoria”.
23 aprile 1945.
Il fronte della Garfagnana è in sfacelo, i partigiani premono con forza sulla S.S.63 occupandola nel tratto montano, dal Passo del Cerreto fino a Felina, dove la sera si svolge un duro combattimento.
Novellara viene liberata al mattino dai patrioti che disarmano il presidio fascista. A Stilo, Prato, Campegine e al Traghettino si continua a combattere. A Canolo alcuni civili applaudono un gruppo di tedeschi in ritirata, che cammuffati, vengono scambiati per americani. Dopo aver aperto il fuoco, nove persone vengono uccise con l’inganno. Alle 21 i partigiani occupano definitivamente Scandiano, liberandola. Proseguono i combattimenti ad Arceto, Montecavolo, Cavriago, San Rigo e Rivalta.
24 aprile 1945.
La Statale 63 è ormai ripulita da ogni presidio fascista sino a Vezzano, dove si combatte. Gli Alleati giungono a San Donnino e a Casalgrande. Diversi scontri avvengono tra Bibbiano, Cavriago e Montecchio. Bagnolo è liberata insieme a diversi altri centri della Bassa. Alle ore 16,20 anche Reggio è definitivamente libera, il C.L.N. Provinciale ed il Comando Unico di Zona si riuniscono in Prefettura. Il tricolore, dopo oltre vent’anni, sventola di nuovo sul balcone del Municipio.
25 aprile 1945.
Il CLN Alta Italia emana l’ordine di insurrezione generale e assume i pieni poteri nelle zone e nelle città liberate.
A Reggio la popolazione accoglie festosamente i partigiani, incurante delle sparatorie dei franchi tiratori fascisti, che vengono zittite dalle armi dei combattenti della libertà. Esce il primo numero di “Reggio Democratica”, quotidiano del C.L.N. Provinciale. Il Prefetto della Liberazione, avv.Vittorio Pellizzi, designato dal C.L.N., comincia il suo lavoro. In vari Comuni della provincia vengono insediate le autorità amministrative. Cesare Campioli è il Sindaco di Reggio Emilia.
1° maggio 1945.
Si celebra la Festa del lavoro.
3 maggio 1945.
Tra ali di folla festanti, le formazioni partigiane sfilano per l’ultima volta lungo le strade cittadine: è l’inizio della smobilitazione di gran parte dei Volontari della Libertà. Il generale Sullivan ed i reparti americani rendono gli onori al Comando Unico di Zona.
Per doverosa precisazione e correttezza, le fonti utilizzate per la stesura di questa cronologia sono le seguenti:
Storia della Resistenza reggiana di Guerrino Franzini
Resistenza reggiana. Documenti fotografici. A cura del Comitato per le Celebrazioni della Resistenza ed Istituto per la Storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione.
Cronologia dei fatti militari e politici più importanti e significativi della guerra di Liberazione nel Reggiano di Guerrino Franzini.
20 mesi per la libertà. La guerra di Liberazione dal Cusna al Po. A cura di Istoreco.
Un po’ di storia (ANPI Nazionale)