Le donne della Resistenza



Il ruolo svolto nella resistenza dalle donne a fianco degli uomini nel combattere, nel soffrire come nel morire, fu di notevole importanza. Le donne davano aiuto, nei primi mesi, ai prigionieri alleati ed agli sbandati dell’esercito, accogliendoli anche nelle loro case.

Poco dopo, questo primo lmportante momento di aiuto si trasforma in Resistenza attiva. Si forma una minoranza audace e coraggiosa che si getta nel la lotta clandestina e arnata senza esitare.
Ecco il prospetto delle donne partigiane divise per comune:

Castelnovo ne’ Monti 55
Baiso 19
Busana 11
Carpineti 30
Casina 29
Ciano 24
Collagna 4
Ligonchio 24
Ramiseto 38
Toano 49
Vetto 12
Viano 8
Villa Minozzo 45

Questa minoranza di donne politicamente e militarmente impegnate ha come sfondo l’infinito numero delle altre che, in diverso modo, anche i più modesti sostenevano la lotta. Un’importanza straordinaria ebbero le staffette che molte volte rischiarono la vita in azioni estremamente delicate, e numerosi furono gli episodi di eroismo legati alla loro attività.

Uno dei più noti è il sacrificio della partigiana Valentina GlIidetti che si arruolò nella 26~ Brigata
con compiti di staffetta. I tedeschi respinti ripetutamentea Gatta, avevano sfondato all’improvviso, la notte del primo aprile, la linea partigiana sul Secchia presso Cerrè Marabino. L’infiltrazione aveva separato il distaccamento di Valentina “Nadia” dal grosso delle forze partigiane. “Nadia” ricevette l’incarico di ristabilire i contatti. Riuscì nell’intento e volle tornare indietro per riferire ai compagni il felice esito della missione, ma venne scoperta e uccisa. Nella stessa giornata il contrattacco ebbe luogo, i partigiani cacciarono i tedeschi che furono costretti a ritirarsi oltre il Secchia. l partigiani ritrovarono la staffetta garibaldina morta, col corpo sfigurato da innumerevoli ferite. L’estendersi della partecipazione delle donne alla lotta partigiana rese necessario dare vita ad una prima organizzazione, con compiti e strutture ben definiti.

Nacquero così i “Gruppi di difesa della donna’: La loro costituzione fu tappa fondamentale verso la crescita culturale e civile della donna. Le organizzatrici dci “Gruppi di difesa” nella
montagna reggiana furono, tra il 1944- 1945: Galassi Piera (Gloria) di Cervarezza e Pallai Benedetta (Saffo) di Collagna. Dalla testimonianza della stessa Gloria si apprende che il lavoro di organizzazione dei “Gruppi” ebbe inizio nel 1944. I primi nuclei si formarono nella zona tra il fiume Secchia c la zona libera, e da Ligonchio fino a Quara. Più tardi il lavoro di preparazioni
diede i suoi frutti in tutta la zona di Ramiseto e giù fino a Vetto d’Enza, Ciano; nei più sperduti paesi cominciarono a funzionare le organizzazioni delle donne. I Gruppi di Difesa si proponevano
di responsabilizzare le masse femminili, prepararle ad affrontare la lotta in corso e contribuire alla formazione del futuro Stato democratico.
La propaganda che i Gruppi rivolgevano alla donna, partiva da una esperienza concreta e collettiva: la fame, la miseria, i bombardamenti, i mariti, i figli, i fratelli sacrificati nella guerra
nazifascista. Bisognava aiutare gli sbandati, accoglierli e nasconderli in case ospitali. Preparare vestiario per i partigiani, stabilire una rete di collegamenti e informazioni. A queste esigenze risposero, con infaticabile spirito, le donne della montagna.

Così parlava alle donne un volantino scritto da
una dirigente: “Ora che abbiamo aperto un poco gli occhi sulle dure esigenze della guerra non possiamo rimanere tranquille in attesa degli alleati, non basta approvare le azioni dei partigiani, non basta circondarli di simpatia, occorre invece che ognuna di noi porti il suo contributo alla lotta per eliminare al più presto la resistenza nemica. Date con fede la vostra collaborazione, o madri, spose, sorelle, fidanzate dei combattenti, essi sono la parte migliore del nostro popolo che quotidianammte si sacrifica per la sua e la nostra libertà. I problemi che preoccupano i nostri uomini sono pure i nostri, nostre le loro speranze, nostre le loro vittorie, perciò non possiamo ne’ dobbiamo lasciarci fuori dal loro ambito, ma seguirli, partecipare ai fatti della loro esistenza come vere madri, vere spose, vere sorelle“.

Il messaggio che era rivolto alle donne dalla propaganda dei Gruppi di Difesa voleva preparare ladonna a partecipare consapevolmente alla vita politica e civile dell’Italia che sarebbe nata dalla
Resistenza,

“Noi donne siamo coscienti delle nostre aspirazioni e vogliamo più attiva partecipazione ai problemi che i nostri uomini sentono, per il bene di tutti e ci consideriamo custodi sì del focolare e perciò desideriamo sostenere la lotta a fianco dell’uomo, interessandoci di politica, che è la salvezza dei n0stri figli, della nostra casa, il pane di oggi e di domani. Noi donne, come gli uomini, subiamo l’effetto delle leggi, rispondiamo dei nostri atti di fronte allo Stato, e allora perché non conoscerle queste leggi, non giudicarle, non concorrere alla loro formazione?”.

Non bisogna dimenticare che la quasi totalità delle donne assumeva in quel tempo il ruolo di capofamiglia. Con le esperienze vissute durante la Resistenza, la donna entrò definitivamente nella
vita politica e democratica.

La propaganda antifascista chiedeva alla donna di partecipare alla, di prepararsi consapevolmente ai futuri compiti, alle future responsabilità, di nonlasciarsi estraniare dal processo storico e dalla vita politica.

La Resistenza ha significato, anche per le masse femminili della montagna, una definitiva rottura con il passato: è stata !’inizio della loro partecipazione alla vita civile.

Maria Domenica Tondelli
(1975)

(Brano tratto da Monumento alle donne partigiane, 2013, Ed. Comune di Castelnovo nè Monti)