In seguito alle gravi perdite subite nel corso della battaglia a Cerrè Sologno del giorno 15 marzo 1944, i nazifascisti iniziarono un vasto rastrellamento, con l’intento di distruggere le formazioni partigiane. Il mattino del successivo giorno 20, infatti, Civago e Cervarolo furono investite dalle squadre tedesche e fasciste. Sulla mulattiera per Civago i paracadutisti della Goering uccisero un giovane ragazzo e ferirono gravemente un vecchio, giunti in paese uccisero altre due persone; poi si diedero al saccheggio, bruciando una ventina di case e danneggiandone trenta.
La milizia fascista faceva la guardia fuori dall’abitato affinché i tedeschi potessero compiere indisturbati i loro delitti. Carichi di bottino, i tedeschi tornarono poi sui loro passi, per unirsi agli altri paracadutisti che intanto stavano saccheggiando Cervarolo, sempre con la complicità dei militi fascisti. Ammassarono nel recinto di un’aia del paese, sorvegliandoli con le armi puntate, tutti gli uomini che poterono catturare. Due ne uccisero in mattinata, padre e figlio, nella loro abitazione.
Si recarono anche dal prete Don Giovanni Battista Pigozzi, obbligandolo a firmare un foglio in cui avrebbe dovuto dichiarare che gli arrestati erano tutti partigiani. Al prete non mancò però il coraggio e rifiutò di sottomettersi alle minacce di quelle canaglie, tanto che venne completamente denudato, insozzato di sputi e per umiliarlo, spinto anch’esso nell’aia in quello stato.
Uomini di tutte le età, compresi tra i 17 e gli 84 anni, persino un povero paralitico, vennero posti di fronte alle armi automatiche. In gran parte anziani, i quali non avrebbero mai immaginato le vere intenzioni dei nazifascisti, se non quella di essere deportati nella peggiore delle ipotesi.
Dopo aver derubato quanto potevano dal paese, i tedeschi fecero allontanare le donne e mitragliarono gli uomini; quindi le case vennero date completamente alle fiamme. Furono 24 i civili trucidati a Cervarolo e tra loro anche il parroco G.Battista Pigozzi, in quella tragica giornata.
Mai si era vista, fino a quel momento nel reggiano, una così atroce rappresaglia. I fascisti non inorridirono, loro che tanto avevano la Patria nel cuore, non si ribellarono ad un simile scempio compiuto nei confronti di innocenti italiani. Anzi, per i comandanti e per i loro sottoposti, il tutto parve addirittura come una semplicissima formalità.