Targa memoriale di Villa Sesso
Cronaca Resistente
La Resistenza a Villa Sesso si è sempre caratterizzata per essere fervida, di casa nel mondo contadino e già pronta ad organizzarsi in seguito all’armistizio.
Numerose famiglie di braccianti e mezzadri, tra cui i Manfredi e i Miselli, militavano da diversi anni nell’antifascismo e si mossero appena possibile contro la nuova invasione tedesca.
A Villa Sesso ci fu infatti la sede clandestina dei più importanti comandi partigiani, come il CLN Provinciale, il comando Piazza, SAP, GAP e dello stesso Partito Comunista[1]
L’aperta campagna, nella quale si trovavano Sesso e le ville circostanti il centro storico, facilitava l’attività partigiana. Non da meno la presenza di vigneti, fossi, radure, torrenti e fiumi (per il caso specifico di Sesso il Crostolo, passante proprio a pochi metri da Casa Manfredi), dava più possibilità di nascondersi, in un territorio completamente pianeggiante, che poteva non lasciare scampo in uno scontro armato frontale.
Durante il primo lustro degli anni ’40, le svariate leggi che imponevano tassazioni esagerate sui più disparati prodotti (cibo e bestiame prima di tutti) portarono le persone ad agire per necessità, il più delle volte non rispettando le leggi, venendo considerati dai fascisti traditori della patria. Si parlava infatti di politica di confisca e di ammassi agrari, attraverso i quali l’entità statale fascista monopolizzava le produzioni contadine[2]. Questo si fece molto evidente nel mondo contadino, tant’è vero che proprio questa classe sociale fu tra le prime ad assumere posizioni sovversive e di contrasto a questa politica. [3]Lo spettro della fame e della denutrizione era un sentimento diffuso, così come lo stato di guerra, cause che accentuarono ancora di più la lotta contro i fascisti.[4]
Il ‘44 fu un anno tragico per la piccola frazione.
Il clima del paese sul finire del novembre ’44 era diventato cupo, carico di odio, delazione e vendetta. A causa degli arresti, dopo i rastrellamenti e le esecuzioni sommarie compiuti a Sant’Ilario, Pieve Modolena e Cavazzoli, il Comando Piazza era praticamente decapitato ed i componenti del CLN provinciale erano stati costretti ad allontanarsi dalla città. Tutto questo provocò una situazione di sbandamento e assenza di ordini. Tra il 29 novembre e il 21 dicembre vengono uccise trenta persone. Il punto di non ritorno si ebbe con l’uccisione di quattro giovani partigiani in casa Iotti, intenti ad ascoltare radio Londra, la notte del 17 dicembre. Pochi giorni dopo, il 20 dicembre, vennero fucilati quattordici uomini dietro la cooperativa, tra cui molti membri della famiglia Manfredi e Miselli (si scelse un quattordicesimo uomo per superstizione del maggiore Tesei). Altri cinque uccisi sull’argine del Crostolo il giorno successivo.
Ucciso il 29/11: Emore Grazioli
Uccisi del 17/12:
- Manfredi Alfeo (Asdrubale) (1909)
- Ferrari Franco (Fulmine) (1926)
- Ferrari Emidio (Lupo) (1920)
- Orsini Angiolino (Civile) (1910)
Uccisi il 20/12:
- Virginio Manfredi (Virginio) (1878)
- Gino Manfredi (Alfredo) (1915)
- Aldino Manfredi (Enea) (1910)
- Guglielmo Manfredi (Pippo) (1912)
- Ferdinando Miselli (Ferdinando) (1886)
- Remo Miselli (Pancio) (1914)
- Effrem Conforti (Rosso) (1923)
- Domenico Tosi (Gim) (1920)
- Spartaco Davoli (Nero) (1922)
- Emore Veronesi (Emore) (1920)
- Domenico Catellani (Domenico) (1921)
- Aldo Corradini (Aldo) (1925)
- Umberto Pistelli (Pippo) (1927)
- Loris Simonazzi (Gino) (1923) (Ultimo e scelto a caso)
Uccisi il 21/12:
- Dino Ferrari (Vendetta) (1924)
- Alfredo Orioli (Difesa) (1925)
- Luigi Lusetti (Per) (1924)
- James Cavazzoni Bruno) (1920)
- Pierino Soliani (Pierino) (1923)
Villa Sesso venne presa di mira per la posizione molto vicina alla città, con la statale 63 che collegava tutta la provincia dalla montagna fino al fiume Po. Inoltre era presente nella frazione un forte spirito antifascista. Per Sesso passa anche il torrente Crostolo, utilizzato come rifugio e via di trasporto dai partigiani. Non era un caso che Casa Manfredi fosse a pochi metri dal suo argine. La zona fungeva da partenza dei partigiani per il raggiungimento di formazioni in Appennino. Nella testimonianza di Sergio Catellani, si disse come nel fine luglio del ’44 furono addirittura trentadue i giovani a casa Manfredi in partenza per la montagna. Fu dato l’ordine dai comandi di non compiere atti di disordine, per evitare di attirare l’attenzione verso la zona stessa.
La testimonianza di Ermes Bertani “Gino” ci dice che in seguito alle uccisioni del fascista Orlandini, delle sue due figlie e di altri tre fascisti, a Sesso si respirasse un’aria di rappresaglia. Anche se non si credeva possibile un’azione così violenta e ravvicinata temporalmente. “Gino” si salvò dai fatti nonostante fosse molto attivo nella Resistenza, avesse partecipato appena venti giorni prima ad una riunione dove erano presenti anche i Manfredi e i Miselli. Sospettando ripercussioni si rifugiò alcune notti dagli zii a Cadelbosco. Durante quella settimana, fu la stessa madre Pia a fargli da staffetta. [5]
La testimonianza di Ermes Bertani “Gino” ci dice come, nonostante i tragici eventi del dicembre ’44, continuasse ad esserci una forte volontà di ricostruire e portare avanti il movimento partigiano, anche con la collaborazione della vicina 76° SAP di Roncocesi, guidata da “Zach”, ovvero Ovidio Fontanesi. [6]
Al termine degli efferati misfatti fascisti, si sapeva che quest’ultimi avevano compiuto atti arbitrari, compilando verbali fasulli e cercando di ingannare i tedeschi per farla franca. Proprio da quest’ultimi, tuttavia, arrivò una destituzione del comandante della brigata nera Ignazio Battaglia, da parte del comandante tedesco.[7] Che ribrezzo pensare che il rigore e l’ordine, perché di giustizia non si può parlare, arrivarono dallo stesso invasore, mettendo in luce tutto il tradimento dei fascisti verso il proprio popolo.
Con la primavera le formazioni partigiane scesero dalla montagna, uscendo dai nascondigli per festeggiare.
Riprendendo la corrispondenza dell’ufficiale statunitense Walter Skelly di istanza a Sesso nei giorni del 25 aprile, in una lettera alla moglie Eve riporta: “C’erano sia uomini sia donne, ma al 90% erano uomini. Alcune delle donne più giovani erano state staffette, erano solo ragazze adolescenti. Altre, vestite similarmente agli uomini, erano invece state truppe regolari. Forse non dovrei dire similarmente perché non c’erano due persone vestite uguali in tutta la parata. […] Dio solo sa cosa succederà a sta gente, ma sono molto contenti adesso. Proprio non riescono ad abituarsi alla libertà. Proviamo a dirgli com’è in America, ma rispondono che non riescono a figurarselo e dicono che noi non riusciamo a figurarci il loro terrore precedente”. Walter ci offre uno spaccato da spettatore in quei giorni, in cui lui stesso cita che “Sono sicuro che non vedrò mai più nulla di simile” ed ancora “fosse un peccato che non ci fosse una cinepresa”.[8]
[1] Contadini e antifascisti delle ville di Reggio Emilia, p. 45
[2] Contadini e antifascisti p. 46
[3] Contadini e antifascisti p.47
[4] Contadini e antifascisti, p.74
[5] Volti di libertà, p.161
[6] Volti di libertà, p. 162
[7] Fulgenzio Iotti, ricerca villa Sesso nella storia
[8] RS 128/2019
Fotografie:
Tutte le fotografie, tranne quelle citate diversamente, provengono dal volume “Fermi di borgo” di Adriano Catellani.
Partigiani di Villa Sesso
Giglioli Maria (mamma Marina), moglie di Manfredi Virginio. Miselli Enza, figlia di Ferdinando Miselli. Insieme ad altre rappresentanti dei caduti il 25 aprile 1948 (dal volume di Avvenire Paterlini “Partigiane e patriote della provincia di Reggio Emilia”).
I Manfredi superstiti durante l’inaugurazione della targa in memoria dei caduti
Condizioni dei braccianti durante gli anni 30.
I caduti di Villa Sesso.
Le donne ed i ragazzi residenti nella cooperativa di consumo.