Nella zona di Collagna operarono le Brigate Garibaldi 144° “Antonio Gramsci” e 145° “Franco Casoli”.
Queste due formazioni partigiane sono nate come distaccamenti della 26° Brigata Garibaldi “Enzo Bagnoli”, attiva nell’appennino reggiano dal settembre ’44, quando fu creata riorganizzando i piccoli gruppi partigiani della zona di villa Minozzo scampati ai rastrellamenti, iniziati già nell’Aprile ’44 a Collagna e in tutta la zona circostante il monte Ventasso, e intensificati nell’estate. Un suo distaccamento (la 26°bis) divenne poi nel febbraio del ’45 la celebre 144° Brigata Garibaldi “Antonio Gramsci”, che operò nella zona del cerreto tra il fiume Enza e Collagna. La sua attività si concentrò sulla strada statale del Cerreto (oggi SS 63), principale via di comunicazione, fondamentale per il transito di convogli e rifornimenti di tutto l’appennino. Per questo furono vitali gli interventi di sabotaggio, come quello effettuato da quindici partigiani del distaccamento “Cervi” la sera del 6 giugno ’44 al ponte di Biola, o quello del ponte Canalaccio (presso Valbona) dello stesso giorno. Pochi giorni dopo, l’11, lo stesso ponte di Biola fu la scena di un combattimento tra una pattuglia partigiana del Distaccamento “Cervi” ed una milizia del presidio di Collagna, nello scontro rischiò di morire il Comandante provinciale delle G.N.R.
I tedeschi avevano cercato di rinvigorire l’offensiva a inizio giugno ma le brigate erano riuscite a tener loro testa senza farsi scoraggiare dalle numerose rappresaglie sulla popolazione civile; già alla fine del mese erano riuscite ad occupare la S.S. 63. A inizio luglio, però, i tedeschi avevano già ristabilito vari presidi e così ripresero subito sabotaggi e scontri diretti in tutta la zona. Precisamente nei pressi di Collagna ci furono due attacchi importanti nell’estate: uno il 12 luglio quando il distaccamento “Celere” riuscì a colpire due automezzi anfibi e a provocare perdite nelle fila nemiche, senza però subirne. L’altro attacco (del 1° agosto) permise, invece, ai distaccamenti “Casini” e “Bixio” di uccidere 6 dei 10 tedeschi a bordo e recuperare anche due mitra e tre fucili, un bottino importante considerando i pochi mezzi a disposizione dei partigiani quando ancora i rifornimenti non avevano un sistema di distribuzione sistematico.
I rifornimenti alle brigate costituivano un problema non indifferente per l’insufficienza di denaro (a cura del Comando Generale dell’Italia occupata) e per la disorganizzazione della distribuzione, sì che presso le formazioni provvedevano in modo autonomo al sostentamento dei loro uomini. Vitale fu il ruolo delle staffette partigiane, che permettevano il collegamento della zona montana col resto della provincia. Per risolvere il problema si costituì nel settembre ‘44 l’Intendenza Generale, col compito di coordinare le risorse dei privati e la loro distribuzione omogenea tra le varie formazioni. Esse non necessitavano solo di denaro o equipaggiamento militare ma, soprattutto nella zona montana, avevano bisogno di farmaci e infermerie operanti, per la cura della popolazione civile e dei partigiani feriti in combattimento. Una relazione del 10 settembre a cura del Commissario Generale del Comando Unico, Ferrari Didimo detto Eros, ci informa che in montagna i rifornimenti di farmaci erano appena sufficienti ma comunque assicurati dal farmacista di Castelnuovo Monti e da quello di Collagna che oltre a farmacista era anche un partigiano. La mancanza di medici invece metteva in difficoltà i partigiani ma soprattutto la popolazione civile. Già alla fine del mese, grazie al responsabile del servizio sanitario e Vice Commissario Pasquale Marconi detto Franceschini, la situazione migliorò anche per quanto riguarda la presenza di medici e infermerie attive nel territorio.
Nel settembre, inoltre, si organizzò anche una squadra di sabotatori specializzati nella fabbricazione e nell’uso di ordigni esplosivi. Questa, chiamata Squadra Guastatori “Cane azzurro”, era formata da partigiani russi e capitanata dal luogotenente Rad Jona Efremow. Il loro contributo fu decisivo per il buon esito delle azioni di disturbo e di blocco del transito effettuate sulla Strada Statale del Cerreto dall’ottobre ’44 fino all’Aprile ’45.
Collagna era anche le sede di uno dei numerosi presidi tedeschi disseminati nella zona del Cerreto. Questo presidio venne attaccato dai partigiani sin dal maggio ’44. Il più efficace fu quello del 6 giugno quando i partigiani del Distaccamento “Cervi” fecero 16 prigionieri, tutti membri delle G.N.R. che si arresero senza opporre resistenza. Vennero disarmati, interrogati e subito rilasciati in libertà, tranne un tenente ed un brigadiere, trattenuti per eventuali scambi di prigionieri. Infatti la strategia dei partigiani reggiani era proprio quella di non aggredire o torturare i nemici catturati se non in casi di estrema necessità. Questo metodo, criticato da altre formazioni partigiane, permise di evitare molti scontri a fuoco e di mantenere un’alta reputazione nei confronti della popolazione civile che infatti sostenne sempre la lotta partigiana.
Gli ultimi mesi del ’44, mentre si accentuava l’azione di guerriglia, si provvide anche ad organizzare la vita civile. Il Comitato di Liberazione Zona Montana, costituito il 23 agosto a Poiano, rappresentava la corrente comunista e si doveva occupare di organizzare libere elezioni comunali. Il Consiglio Comunale di Collagna fu tra i primi ad essere eletti nei primi giorni di settembre. In ottobre il Comitato, diretto da Aristide Papazzi, detto Prato, istituì per ogni comune organizzato anche Commissioni economiche ed agricole. In una relazione alla Federazione del P.C.I. però, Prato scrisse che fu difficile coinvolgere i cittadini nelle elezioni (cita anche quelle di Collagna) perché comunisti e socialisti temevano fosse ancora troppo presto per considerarsi vittoriosi, mentre i democristiani rimasero passivi se non ostili, soprattutto all’inizio.
Man mano che la guerriglia si intensificava anche l’organizzazione organica delle brigate si strutturava. Il coordinamento tra le brigate reggiane, infatti, si organizzò tra l’agosto e il settembre ’44, quando venne creato il Comando Unico Zona. Proprio in questo contesto nel Febbraio ’45 vengono create le Brigate Garibaldi 144° “Antonio Gramsci” e 145° “Franco Casoli”. La 144° continuò ad operare nella Val d’Enza tra il fiume e la Statale del Cerreto; La 145° Brigata, invece, operò nel comune di Ligonchio e si distinse nella protezione della centrale elettrica, bersaglio principale dell’ultima grande offensiva tedesca contro le forze della montagna tra il 10 e il 14 aprile 1945. Offensiva sventata grazie alla tenacia delle formazioni appenniniche, che presero poi parte negli ultimi giorni di aprile all’occupazione dell’intera provincia organizzata dal Comando Unico di zona, sotto il quale queste Brigate, insieme alla 26°, furono ordinate nella 1° Brigata Garibaldi. In particolare queste Brigate furono le protagoniste della liberazione della Strada Statale 63 il 23 aprile 1945. Questa permise ai partigiani di defluire verso la pianura in quanto la ritirata nemica sull’Appennino, a parte i due nuclei di Casina e Vezzano, era ormai compiuta.
Bibliografia:
- G. Franzini, Storia della Resistenza Reggiana, Anpi Reggio Emilia, 2014, Reggio Emilia
- F. Cipriani, Guerra Partigiana: operazioni nelle province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia
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