Resistenza a Casalgrande

Zone di influenza del C.N.L. e del Comando del I Battaglione della 76° Brigata SAP

Nel dicembre ’44 il Comando Piazza di Reggio Emilia diffonde una circolare per la riorganizzazione delle forze partigiane della pianura. La provincia è divisa in 6 zone, di cui 3 in pianura, controllate dalle due nuove Brigate SAP 76° e 77°. Casalgrande si inserisce nella V Zona insieme ai comuni di Castellarano, Scandiano, Viano e Rubiera (oltre a varie frazioni del Comune di Reggio e Marsaglia nel modenese). Questa zona era prerogativa del 1° Battaglione della 76° Brigata SAP “Angelo Zanti”, diviso a sua volta in 5 settori, il 2° Settore operava a Casalgrande e veniva coordinato dallo studente Giacomo Prati detto Bonanno. Era proprio attorno a quest’ultimo insieme a Elio Bedeschi Aldo e all’avvocato Giuseppe Matteotti che si erano raccolti i primi nuclei resistenti della zona già dagli inizi del ’44. L’organizzazione del C.N.L. locale si era formata già nel settembre ’44 e comprendeva Ferretti Luigi per il PCI, Farri Umberto per il PSI, Campanini Enrico per il Partito d’Azione e Mons. Monti Ferdinando per la DC.

 

Questa organizzazione era fondamentale in una zona come quella di Casalgrande dove la presenza di presidi nemici era altissima. Infatti Casalgrande era un piccolo comune agricolo senza nucleo cittadino, era collegato a sassuolo tramite un ponte a Veggia, controllato dalla guarnigione tedesca stanziata in loco per controllare tutta l’area della V Zona. Inoltre a San Donnino Villa Spalletti era diventata la dimora del Comandante Provinciale di Reggio Emilia, il Colonnello Dollman, affiancato dal suo corpo di guardia e da una squadra delle G.N.R. stabilita nelle scuole locali. Questa massiccia presenza nemica sul territorio era dovuta alla posizione strategica di Casalgrande sul confine col modenese e posizionata lungo la Pedemontana, una delle arterie che collegano la provincia reggiana a Sassuolo, oltre alla ferrovia. Questa strada rappresentava l’alternativa più sicura alla Via Emilia, visto che dall’inizio del 1944 quest’ultima era bersagliata dall’aviazione alleata. Per questo concentramento di forze nazifasciste il movimento resistente di Casalgrande sarà più oculato nelle azioni dirette e privilegerà azioni di sabotaggio alle vie di comunicazione o alle linee telefoniche, fondamentali per il coordinamento delle truppe tedesche e fasciste della zona. Ad esempio il 22 ottobre ’44 alcuni sappisti catturarono 3 tedeschi custodi di un centralino telefonico, raccogliendo vario materiale utile per le forze partigiane.

Lo stretto controllo della zona è testimoniato dall’ordine N. 1 emesso da un Comando provvisorio tedesco istituito a Baglioni nel marzo 1945. L’ordine mira a stanare i ribelli istituendo un coprifuoco dalle 20.00 alle 05.00 e un lasciapassare per uscire dal paese, indispensabile per non essere considerato partigiano. Inoltre ordinarono un censimento degli abitanti della zona e degli elenchi famigliari affissi all’ingrasso di ogni casa. La scadenza per l’affissione di questi era fissata al 1 aprile ’45 ma l’amministrazione comunale riuscì a rallentare i lavori e non la ultimarono prima della Liberazione.

Ordine emesso da un Comando provvisorio tedesco istituito nel marzo ’45 a Boglioni

Nel corso del ’44 i sappisti di Casalgrande restano stabilmente nelle loro case, incontrandosi solo per gli attacchi. Ma nel gennaio ’45 la situazione si complica, infatti, il comandante di settore Bonanno viene catturato il 28 insieme a due sappisti, Caino (Abbati Fausto) e Giuda (Mazzacani Nello), che verranno poi fucilati lungo la Via Emilia nella rappresaglia di Cadè, il 9 febbraio. Bonanno invece, fu rilasciato dal carcere dei Servi a Reggio col pretesto di spiare le azioni partigiane. In realtà Aldo, suo vecchio amico, gli procurò una bicicletta per fuggire. La moglie trattenuta dai tedeschi come ostaggio fu rilasciata quando i partigiani diffusero la notizia della fucilazione di Bonanno per tradimento. A questo punto venne nominato Comandante del II Settore Iemmi Gino detto Ivan.

La cattura di Bonanno genera una fuga dei sappisti di Casalgrande in montagna dove si unirono alle squadre già presenti da settimane dei sappisti scandianesi. Infatti nel gennaio ’45 a seguito di numerosi arresti e per paura dei rastrellamenti imminenti sia il Comando di Zona sia il C.N.L. locale si trasferirono a Viano e con loro anche le squadre sappiste che passarono ad una vita in clandestinità. Queste squadre necessitavano per la prima volta di rifugi per la notte, indumenti e vettovagliamento. Gli accantonamenti furono travati presso le case e soprattutto le stalle dei contadini del luogo, più sicure e facilmente sgomberabili. Tutto ciò fu organizzato dal C.N.L. con un programma di autonomia per non gravare eccessivamente sulla popolazione già povera e affamata. Imposero tassazioni speciali organizzate con regolari notifiche e ricevute agli interessati e prelevamenti regolari agli ammassi e direttamente presso i centri di produzione; questo sistema permise raccogliere il necessario senza eccessive difficoltà.

Il 27 marzo i sappisti della zona poi furono impegnati in un’operazione di accoglienza e protezione dei partigiani carpigiani della Brigata SAP “Walter Tabacchi”. Infatti nel marzo il territorio modenese montano e pedemontano fu interessato da rastrellamenti tedeschi che spinsero la Brigata alla fuga verso le zone controllate dalle Brigate Garibaldi nella pianura modenese. Per il viaggio scelsero la riva reggiana del Secchia dove i sappisti della V Zona scortarono 1500 uomini poco armati accompagnati anche da civili, principalmente donne e anziani.

I movimenti della ritirata tedesca il 23 e il 24 aprile ’45

Alla vigilia della Liberazione i partigiani iniziarono a dare battaglia aperta contro le guarnigioni nemiche in ritirata. La strada Pedemontana fu invasa, a partire dal 22 aprile, da colonne interminabili di tedeschi in ritirata dal fronte toscano dirette verso il Po. Gli ultimi giorni i sabotaggi alle strade principali, unite a continui attacchi frontali da parte dei partigiani impedì alle truppe in ritirata di razziare o distruggere gli abitati. Altre squadre sappiste invece lavoravano per sgomberare definitivamente il territorio dagli ultimi nemici rimasti.

 

Aldo e Ivan tramite le loro relazioni ci raccontano come è avvenuta la liberazione di Casalgrande avvenuta il 24 aprile 1945. La notte del 23 ricevettero l’ordine dal Comando di Zona di attaccare il prima possibile Casalgrande. All’alba del 24 mentre Ivan attacca la retroguardia tedesca a Boglioni facendo 4 prigionieri, poi occupa il paese e ordina lo stato d’assedio per ripulire il paese da collaboratori e spie. Nel frattempo il C.N.L. con la collaborazione dei Commissari Prefettizi si insedia in comune per disporre i primi atti. Aldo invece, entra a Dinazzano e cattura 20 prigionieri nel Comando tedesco di Villa Carandini insieme ad un enorme bottino. Alle 8 di mattina il paese era liberato e il C.L.N. poteva provvedere alla formazione della giunta. Anche in questo caso i partigiani hanno preceduto l’arrivo degli alleati, che giunti in loco a liberazione avvenuta proseguirono la marcia verso Reggio Emilia.

 

 

 

Bibliografia:

  • G. Franzini, Storia della Resistenza Reggiana, Anpi Reggio Emilia, 2014, Reggio Emilia
  • S. Felloni, Una Zona Una Resistenza, Alpi Reggio Emilia, 1985, Reggio Emilia
  • B. Lorenzelli, F. Franzoni, A. Lucenti, La Resistenza nella V Zona, Comune di Scandiano, Reggio Emilia